"Un pezzo di uomo" di Kari Hotakainen - Iperborea, 2012.
Salme Malmikunnas, loquace vecchietta di provincia, accetta il patto diabolico di uno scrittore in crisi creativa: 7000 euro in cambio della sua vita, e tutto ciò che racconterà diventerà un romanzo.
Affare fatto e registratore acceso, lo scrigno dei ricordi si spalanca: gli anni tra i fili e i bottoni della sua merceria, l’imprevedibile marito Paavo, che di punto in bianco è diventato muto, e soprattutto i figli, Helena, Pekka e Maija, tutti realizzati nella grande città. Ma quanto è attendibile una madre che parla dei suoi figli? E quanto è sincero un figlio con i genitori? Perché Salme nasconde un dramma famigliare che non può essere venduto a nessun prezzo, e a ben guardare la realtà non è esattamente come è stata raccontata, ma molto più amara e assurda dell’invenzione, o così maledettamente vera da sembrare inventata. Mentre Helena, manager rampante, deve aggrapparsi a ogni ringhiera per non sprofondare nel vuoto delle idee che vende, il fratello Pekka, imprenditore di se stesso, è uno squattrinato freelance della truffa, da vecchio amico del defunto ai banchetti funebri a venditore della prima guida agli assaggi a sbafo per senzatetto. Come loro, una strampalata galleria di avventurieri della nostra epoca mette a nudo un’umanità che ha perso la bussola e perfino ogni colpa e responsabilità, travolta da un libero mercato in cui tutto ha un prezzo e da un gioco delle parti che ha preso il sopravvento sulla vita. La società del benessere ha divorato i suoi figli, e solo l’umorismo affilato di Hotakainen può smascherarla, restituendo, tra il riso e le lacrime, la tragicommedia del vivere contemporaneo.