Spunti per una storia di San Gavino Monreale

Da Il Filo della Memoria 2.0 - Biblioteca Multimediale di San Gavino Monreale (VS).


SPUNTI PER UNA STORIA DI SAN GAVINO MONREALE

Sembra fare cosa gradita e chiunque operi od abbia operato nel complesso del Liceo Scientifico “G. Marconi” proporre degli spunti per una storia di San Gavino Monreale, porgendo ad altri l’augurio “ad meliora”.

Il Liceo sorgeva 25 anni fa per un accordo, promosso dagli amministratori sangavinesi, tra i comuni limitrofi: Pabillonis, Guspini, Sardara etc-

Corsi o ricorsi della storia, coincidenza storica, esattamente seicento anni fa, il 5 febbraio 1388 il sardarese Maragiano Gadulesio di Villa Abbas a nome dei comuni di San Gavino, Sardara, Villa Abbas (ciò le terme), Pabillonis e Guspini apponeva la firma del trattato di Pace tra Eleonora d’Arborea e Giovanni Re d’Aragona.

Si cercherà di esporre, quanto possibile: 1) Le origini di San Gavino. 2) Perché al nome di San Gavino viene aggiunto il toponimo di Monreale. 3) Principali avvenimenti su San Gavino. 4) Principali monumenti. 5) Uomini illustri

In merito Archivi Eclesiastici propongono ed offrono documenti inediti, alcuni dei quali consultati presso l’Archivio Segretto Vaticano

Grazie alla solerzia del cannonico Severino Tomasi, già parroco di San Gavino fin dal 1920, si è in possesso della trascrizione di un manoscritto del 1850, riguardante la storia di San Gavino, una volta in possesso dello scrittore diocesano Sac. Pietro Maria Cossu, ed ora indecifrabile, depositato presso la Biblioteca Universitaria di Cagliari Al medesimo Tommasi si deve essere grati per la pubblicazione sul settimanale diocesano “Nuovo Cammino” delle ricerche effettuate su San Gavino e on solo su San Gavino, come Vicario Generale, presso gli Archivi del Capitolo della Cattedrale di Ales. Ci si avvarrà anche dei suoi scritti e di quanto si è potuto constatare personalmente.


A) le origini di San Gavino

Ecco alcuni stracci del manoscritto del 1850

“ABITATO”

San Gavino Monreale, cosiddetto dall’antichissima parrocchia dedicata a San Gavino Martire e per la distanza di poche miglia dell’ormai distrutto castello di Monreale, come altresì per distinguerlo da San Gavino Porto Torres nel capo settentrionale di Sassari. San Gavino è sito nella vasta e lunga pianura del cosiddetto Marceddì, capo meridionale di Cagliari. Questo villaggio, per antica tradizione ha avuto origine da due piccole popolazioni dette “Ruinas Mannas” e “Ruineddas”che sul finire del secolo X o nel’XI confluirono nel villaggio di “Nurazzeddu” chiamandolo poi San Gavino dal titolo della parrocchia. Fin qui il manoscritto Porru, “Abbandonati gli Stazzius” e “is Purriadroscius”, secondo i Casalis i San Gavinesi si sarebbero trasferiti (come già citato dal Porru) nel villaggio di Nurazzeddu dove esisteva una chiesetta in onore dei Santi Lussorio e Gavino. Vi sarebbe stato anche un monastero di monache Benedettine la cui prima superiora si sarebbe chiamata Siricia e la seconda Gavinia, di cui parla San Gregorio Magno.

Il Nome di San Gavino sarebbe dovuto dal fatto che l’immigrazione sia dovuta e presso la chiesetta di San Gavino Martire e nella zona della monaca Gavinia.

Il manoscritto che, per ovvie ragioni, non ultima quella dello spazio, non si può pubblicare integralmente, prosegue che gli abitati disconstaronsi, qualche secolo dopo, da Nurazzeddu verso ponente in cui esisteva una chiesetta figliale di Santa Chiara ed altra di Santa Croce, lasciando isolata l’antica parrocchia di San Gavino Martire e fu eretta in parrocchia la detta chiesa di Santa Chiara tra il 1574 ed il 1584, la quale ora esiste in mezzo alla popolazione, il medesimo manoscritto, dopo aver elencato l’esposizione del paese e l’incostanza del clima riferisce che “il numero delle famiglie nel 1850 da 630 a 640, quello delle anime 2600 e che la differenza dei nati ai morti in questo ultimo decennio è stato come da 9 a 10; ma nell’antecedente come da 12 a 10, a causa della scarsezza dei raccolti e dei cibi malsani oltra ad altre incognite- il carattere morale dei sangavinesi, generalmente pacifico e quasi tutti intenti al lavoro, in occasione di nozze, nascite e morti, nulla di particolare.

Atti tragici non se ne conosce. La particolarità distintive del vestiario sono, tra gli uomini degli altri villaggi circonvicini, di poca diversità i sangavinesi portano un giubbone nero d’orbacci o di panno. I guspinesi usano molto i corpetti di frustagno bianco. I sanluresi usano il collare della camicia molto alto e ben ricamato, con due o tre bottoni grossi d’argento, tutte ad una banda; i sardaresi portano la maggior parte la federa verde nei loro capotti.


B) perché al nome San Gavino viene aggiunto il toponimo di Monreale.

Ci si è chiesto, prima, del perché “San Gavino Monreale”

L’obbligo di integrare burocraticamente il toponimo di San Gavino con Monreale si ebbe in virtù del Regio Decreto 13 dicembre 1863, ottenuto dal consiglio comunale dopo la sua delibera del 30 Aprile dello stesso anno, delibera che riproponeva, come motivo di integrazione, gli stessi del già citato manoscritto di Porru.

Questo Regio Decreto sanciva un obbligo burocratico, dal momento che esso era in vigore almeno dal 1630 Tilius, noto, ma non comune altrove Anche recentemente nel 1967 durante gli scavi fognari in Via Vittorio Veneto sono state rinvenute diciannove tombe romane del periodo paleocristiano, oltre ai cocci di terra colta nera (bucheroide) dell’età di Cesare. Altre lapidi funerarie sono state rinvenute durante i lavori di restauro del convento dei Francescani. Allo spirito critico degli alunni del Liceo non sarà certo sfuggito una lapide funeraria nella facciata della chiesa di Santa Chiara in piazza Marconi.

Sempre, grazie alla collaborazione della succitata “E.d’Arborea” si possono osservare tra l’altro soffioni di terme e in ceramica

L’IXDUS L’anagramma dell’acrostico che tradotto in italiano significa “Gesù Cristo figlio di Dio, Salvatore”, apparentemente al 2 o 3 secolo d.C nella zona di “ Sa perda e sa 'ruxi”. Moltissime pietre tombali e reperti fenici che possono essere visitati nella sede della già citata Associazione in locali Funtana e canna


C) Principali avvenimenti storici su San Gavino

Fatta questa premessa, purtroppo, come già detto, brevi, si cerca di elencare cronologicamente una serie di episodi-avvenimenti che possano aver interessato San Gavino. Nell’anno 1378 (o 1388) avviene la consacrazione della chiesa San Gavino Martire, allora chiesa patronale. Si può considerare, questa, la nascita ufficiale dell’attuale San Gavino Monreale. Una visita particolare, per coincidenze storiche, da rilevare. Si è nel periodo della Controriforma, ed un grande esperto del Concilio di Trento, lo spagnolo Pietro Frago, vescovo della Diocesi di Uselius e Terralba, effettua la sua visita pastorale a san Gavino. Esattamente il 27 marzo 1566 emana un decreto

Di notte, e soprattutto alla vigilia di San Giovanni Batista, si accordava un gran falò:un uomo e una donna prendevano una canna cui appendevano pane e la facevano attraversare le fiamme del falò tenendola ciascuno per una estremità; dopo di che la bruciavano e, datisi anche essi scambievolmente un bacio si consideravano compari di fiori (goppais de froris). Questo rituale era considerato, come per il battesimo e la cresima, una cognizione sacra tanto da invalidare, tra i due, un eventuale matrimonio.

Si è citata la visita di questo vescovo a San Gavino perché parlando di un istituto educativo, quale il liceo, il medesimo Frago, trasferito ad Alghero prima(1566), ed ad Osca poi (1577) ebbe poi l’onore di conferire gli ordini sacri al futuro San Giuseppe Calasanzio di cui merito non può essere ignorato nella funzione educativa dei giovani.

ANNO 1630 Visita pastorale di mons. Raimondo Tore del 28 aprile. Tra gli interventi è da segnare come curiosità storica in seguente decreto: pribiamo ai preti sotto pena di sospensione di ammettere in qualunque tempo e festività pane di sappa dal popolo e proibiamo ai confratelli ogni e qualunque rinfresco dentro la chiesa.

ANNO 1635 Viene fondato il legato Ledda per maritar donzella. Questo legato viene rilevato da Mons. Carcassona nella sua visita pastorale del 1738 l’illustrissimo Don Antonio Carcassona diceva di aver controllato copia del testamento Ledda datato 30 marzo 1635 dal notaio Giovanni Batista Partis di Caglliari.

ANNO 1652 Nel 1652 a San Gavino ci fu una grande pestilenza “si apprese alla villa di San Gavino Monreale per contato di un sassarese per poche ore colà soffermatosi. E di subito con orrenda furia si è sparsa per i comuni vicini; Guspini, Arbus, Uras, Sanluri rimasero spopolati. La peste cessa in San Gavino nel 1654. Ecco il testo del già citato manoscritto.

ANNO 1654 La peste cessa in San Gavino “San Gavino ebbe il contagio nel luglio 1652, e non fu libera se non al 20 di gennaio del 1654, restando nel paese 13 famiglie non intere. Queste in rendimento di grazie al Santo martire Sebastiano, che dalle stesse famiglie, per molto tempo, fu celebrata nella stessa chiesa, Questa nel 1777 fu destinata per magazzino dal monte frumentario; ora non vi ha memoria che della sola campana rimasta nel suo piccolo campanile detta ancora fino al presente SA CAMPANA DE SANTU SEBASTIANU; le scodelle siccome monumento doloroso e di insieme religioso ricordo non sono più. Cessato il contagio, San Gavino fu popolato poco per volta da famiglie straniere. Ne vennero da éabillonis, dal villaggio ora distrutto di Bonorzuli e da molti altri. Le famiglie Sanna che tuttora si conoscono sono rampolli delle famiglie Bonorzuli

ANNO 1680 INONDAZIONE “verso gli ultimi periodi di questo secolo fu la prima inondazione di cui si ha memoria di San Gavino, la quale fu causa di molto guasto nei fabbricati. Entrò l’acqua nella sacrestia della parrocchia e danneggiò tutte le scritture e libri di amministrazione in modo da non potersi più leggere o almeno interpretare da chi fossero istituiti legati di messe o, \da allora in poi, si nominano missas de el fundador. In questa epoca è tutto probabile per la sua antica costruzione che la parrocchia avesse già il campanile, non per i due capelloni ed il coro che furono fabbricati poco dopo per ingrandire la Chiesa. Tra il 17470 e il 1750 succedette un’altra inondazione nel giorno di San Pietro Pascasio (23 ottobre) che causò molti danni nei fabbricati e nella campagna . A perenne memoria di questa inondazione , fino a non molto tempo fa c’era l’annuo solenne suono delle campane e dall’essere chiamato da tutti “su Santu de s’udda”. Nel 1811 visto che è di attualità il campanile4 fu aggiunto al vecchio campanile il capolino. Però secondo il Porru “fu anno di generale carestia nell’isola e di mortalità per la fame nonostante i molti generosi soccorsi del parroco e delle personalità benestanti. La mortalità più elevata si ebbe tra il 1816 e il 1818. Nel 1816 morirono ben 128 persone adulte e 130 bambini, nel 1818 molti sangavinesi morirono di fame. Si parla di 150 adulti e di 160 bambini.

Un miracolo eucaristico a San Gavino

Lo storico diocesano Pietro Maria Cossu riferisce di un miracolo eucaristico avvenuto in San Gavino. Varie son le fonti, che non si sta qui a citare, che ne testimoniano l’avvenimento, documenti controllati da visu. Recita testualmente di Cossu “il miracolo avvenne a San Gavino il 20 gennaio del 1703. mentre il teologo Bonfil accompagnava sei monache cappuccine da Sassari a Cagliari, per prendere possesso del nuovo monastero quivi edificato appositamente, fermatosi appunto a San Gavino, mentre celebrava la Santa Messa nella chiesa di Santa Chiara, nel pronunciare le rituali parole precedenti la comunione dei fedeli, l’ostia si stacco dalle sue dita, att4raverso la navata centrale della chiesa a vista dei fedeli, tra i quali il marchese di Villlarios, e andò a posarsi sulle labbra di una suora, sur Maria Agnese Cugia.

Monte Granitico

Il Monte Granitico di San Gavino si trovava in un edificio, che era l’antica chiesetta di San Sebastiano Martire ufficiata nel 1769 giacchè essa comparisce nell’elenco delle chiese fatto compilare in quell’anno da Mons, Pilo. Tale però non comparisce più nel 1789n quando il Rettore Giovanni Battista Sanna riferisce al vescovo che qui esistono, altre la Parrocchia altre sole tre chiese: San Gavino, Santa Croce, Santa Severa a più del Convento. La trasformazione da chiesa a monte Granitico viene indicata da una scritta su una tavoletta in marmo, nella facciata dell’edificio,dicente: ANNO DOMINI 1780. Giova qui ricordare che i monti granatici nella diocesi di ales furono istituiti nel 1641dal Vescovo Michele Beltran; incoraggiati dai suoi successori Mons. Manunta e Mons. Cugia; e moderati con un saggio regolamento da Mons. Francesco Mascones, nel sinodo del 13 maggio 1696, titolo 17. il porru scrive : “ nel 177 si istitui in questo villaggio (di San Gavino) il monte di soccorso in grano, destinando per magazzino la chiesa di San Sebastiano, sita nel piazzale della parrocchia. Nel tempo che si stette ad ergere la fabbrica proporzionata e conveniente per servire al granitico fu riservato il piccolo fondo del grano di casa particolare. Ebbe principio questo fondo da volontarie e gratuite oblazioni fatte dal Rettore Nonis. Clero e vari benetati. In seguito si diede principio alle annuali roaodie e colle contribuzioni surrogate in un breve giro di anni veniva farsi un fondo competente per l’annuale seminazione. L’anno 1780 fu di generale isterilissimo raccolto in tutta l’isola. Ciò nonostante, in San Gavino il prezzo del grano non arrivò che appena a scudi quattro lo starallo nei mesi di aprile e di maggio Per Reggia determinazione in quest’anno si istituirono il fondio in denari nel Monte di Soccorso degli agricoltori per compro di buoi per lavoro, ed attrezzi vari

In questo periodo è certa a San Gavino la presenza dei monaci brasiliani nell’attuale chiesa di Santa Lucia. È storia che in detto periodo chi conosce il culto delle acque lo può testimoniare, venisse effettuato anche a San Gavino il rito dell’aghsisma (rito col quale venivano immersi gli ammalati in un pozzo sacro nei pressi di una chiesa dedicata alla Vergine Assunta o ai santi taumaturghi, come Santu Miabi (San Michele) o alla Madonna d’Itria, anche lei potatrice delle acque.

ANNO 1860 Si inizia la costruzione del palazzo municipale attualmente adibito come tenenza della Guardia di Finanza. Nel 1914 arriva anche a San Gavino un documento papale. “Dum Europa, fere omnis in anfractus arbitrier funestissimi belli, cuius quae paericula, quas caedes, quem exitum qui paullullim repulaverit… is profeto luctu atque borrore se confici sentiat (Pius Papa X die 2 Augusti 1914) Recita il Chronicon dei Padri Francescani: “la notte tra l’8 e il 9 febbraio 1943, San Gavino ha la sua prima incursione aerea nella seconda guerra mondiale. Alle 23:15 tutte le campagne sono illuminate a giorno da palloncini luminosi, mentre aeroplani nemici sorvolavano il paese sganciando circa un centinaio di bombe delle quali ben quarantacinque rimaste inesplose. Per fortune nessun danno alla popolazione ed ai fabbricati. Come riconoscenza, tutto il popolo si reca in ringraziamento di Santa Lucia per lo scampato pericolo

oltre le leggi riguardanti la pubblicazione di manoscritti, controllati personalmente, nel chonicon non consentono di scrivere.


D) principali monumenti

il manoscritto Porrun parlando delle “antichità” di San Gavino, cita: 1) Convento di Santa Lucia; 2) Chiesa di Santa Chiara; 3) Chiesa San Gavino Martire

1) Convento di Santa Lucia

Il Convento di Santa Lucia, con tutta la vestutità, e sua storia è interessantissimo da visitare, sia per gli archi nasignani e le pietre funerarie sia per i simulacri di epocaaa spagnola e per chi può anche per i manoscritti attestanti quale sia stato il numero di frequenza degli allievi che il numero di testi della biblioteca. Ivi esisteva infatti una università di teologia e lettere e, chi scrive, può testimoniare di aver fatto apprezzare testi e manoscritti del 1600. Dalla certosina meticolosità del padre economo, come risulta da dati manoscritti, è possibile rilevare la vita quotidiana del convento, i gusti e il menù dei religiosi. Curiosissimo poter osservare dal davanzale delle celle (in pietra) le impronte dei gomiti dei francescani che ivi pregavano e studiavano-

2) Chiesa di Santa Chiara

Come precedentemente accennato, i sangavinesi confluirono verso la Chiesa consacrata in onore di Santa Chiara dal francescano Mons. De Villa Vincenzio nel 1575. La chiesa ampliata in varie parti possiede, tra l’altro un bellissimo crocifisso e molti simulacri del Lonis, insigne scultore di Senorbì. Interessanti le quattro capelle gotiche ed i retabli delle due capelle costruite dal rettore Antonio Porcella. Non va ovviamente dimenticata la capellina a destra di ci entra dalla porta principale, in stile gotico. Ogni città ha il suo campanile altrimenti non si potrebbe parlare di campanilismo. San Gavino possedeva un magnifico campanile (coincidenze storiche anche queste?) demolito anche esso cinquant’anni fa. Oggi il nuovo simbolo sangavinese il campanile progettato dal prof. Rattu e in agonia. Pare che i lavori per la guarigione siano in corso

3) Chiesa di San Gavino Martire

Attualmente è il monumento che desta maggiore interesse alle ricerche storiche. Alcuni l’hanno ipotizzata come il Panthen degli Arborea. Chi è di casa ha potuto osservare la faciata di questa chiesa stile romanico pisano ove secondo la tradizione sono scolpiti i volti dei fratelli Pisano, costruttori dell’opera. All’interno, in cornu evangelii, una iscrizione in colore rossiccio, che dovrebbe significare la nascita di San Gavino ( Monreale) Senza entrare nel merito delle varie manipolazioni effetuati al testo (1378 o 1388 ? ) pochi sono a conoscenza di una “ripiturazione” effettuata nel 1909.

Il testo attualmente recita:

“ ANNO DOMINI MILLESIMO CCCLXXXVIII LUNIS A DIES XXV DE SANTU SADURRU FUDI CUSTA ECLESIA BENEDETTA DA FRANCISCU PASSARINI EPISCOPU DE TERRALBA CUN SU CURADU IOANNI. ET CALONGU IOANNI DE IANA CALONGU DE GUSPINI PERDU IULIANU DORRU: PREIDI MATTEU SORA; PRIDI SALVATORE COLLU; PREIDI MASALA DE LACANI. IN SA DITTA DIE REDDIFIQUEDI CUSTUS TRES ALTARIS CO EST SALATI DE MESU AD HONORE DE DEUS ET DE SA VIRGO MARIA ET DE SANTU GAVINU E PROTU ET IANNUARIU ET SANTU MIALI ET IN SALTARI DE TERRA SANTU AUGUSTINU ET SANTU.

Leggendo l’iscrizione il lettore nota che esistevano tre altari, uno di questi dedicato a santi Miabi. Le arcate vennero abolite, quindi anche gli altari, nel 1727 dal parroco Francesco Porcella per rafforzare le pareti della Chiesa. Si è scritto e parlato che in questa chiesa si trovi il vero volto di Eleonora D’Arborea. Senza entrare nel merito si riporta – coincidenze? – l’iscrizione della campana della medesima Chiesa. Si lascia al Nissardi l’accostamento tra la campana della chiesetta di San Gavino Martire e quella della Gran Torre di Oristano: altre tre campane antiche esistono nel circondario di Oristano. La terza campana esisteva nell’antica chiesa dedicata a San Gavino nel medesimo villaggio, quale chiesuola venne consacrata dal vescovo Patarino. Come rivlevasi dall’iscrizione in rosso sulla parete dell’altare maggiore. Questa epigrafe in vernacolo la troviamo riportata dal Padre Vidal nella vita manoscritta di Sant’Antioco…riporto perciò solo l’iscrizione che trovisi scolpita a rilievo con gotici caratteri angolari, nella piccola campana e mi piace di riportarla qui per intere, giacchè questa mi diè la chiave “per supplire la prima linea dell’epigrafe scolpita ne la gran campana che sta sulla gran torre di Oristano, la qual parte rimane illeggibile per difetto di fusione. XPES REX VENIT IN PACE DEVS OMO FACRVS EST MCCCC XXXIIII BARCOLO DECA OMBRAARIDO GOGIANO ARGANTARIO.

Come ben vedesi questa iscrizione attesta come la campana venne fatta fondere nel 1434 dall’Orbiere Bartolomeo Deca. Questa campana presente impresse otto impronte di monete, naturalmente di quelle correnti nel secolo e che parrebbero Alfonsini minuti. La riproduzione di queste monete non riuscì perfetta e solo sopra un impronta si scopre una croce, e sopra un’altra, di più piccolo modulo, si scorge lo scudo di Aragona. Le altre potrebbero pur essere monete di Arborea, per indicare il connubio o meglio la dipendenza di Arborea dal Regno di Aragona.

e) uomini illustri San Gavino annovera tra i suoi tra i suoi cittadini alcune figure degne di essere segnalate.

Mons. Manca Don Andrea

Andrea Manca nativo ancor esso di Sassari, prelato non meno pio che dotto del secolo xvvi. Fu laureato in legge, e, dopo aver abbracciato lo stato eclesiastico andò a Roma, e vi dimorò per alcun tempo addestrandosi nella curia romana nella onorifica e difficile arte del foro. Richiamato a Sardegna da un suo zio, vescovo in quel tempo della diocesi alensem fu fatto parroco di San Gavino di Monreale e poco dopo difensore dei rei e censore delle cause di fede nel tribunale dell’inquisizione. Filippo IV re di Spagna lo nominò capellano della sua corte, e poi nel 1634 Vescovo di Ampuria e Civita. Dopo due lustri fu traslato alla sede Arcivescovile Turritana, la quale resse per otto anni. Nel 1652 diede magnammi esmpiidi zelo, di liberalità e di perfetta abnegazione di sé medesimo, dedicandosi interamente alla salute spirituale e corporale degli appestati, i quali perivano a migliaia nella sua patria in quell’anno di generale contagio. Morì nel 1655, lasciando fama di pietà e di dottrina non volgare.

Salvatore Ledda

Fu tra i combattenti sardi che opposero resistenza alla invasione francese presso le acque di Oristano nel 21 e 22 febbraio del 1637. Tra i premiati, a Salvatore Ledda di San Gavino Monreale fu conferito il titolo di cavalierato e di nobiltà

Avv. Francesco Garau

Sentasi il Meloni-Satta “30-10-1812: la congiura ordita in Plaboanda (Cagliari) dall’avvocato Salvatore Cadeddu, dai suoi figli Luigi e Gaetano, dal fratello Giovannei, dal Prof. Giuseppe Zedda, dagli avvocati Francesco Garau ed Antonio Massa Muroni e da molti altrim doveva scoppiare la sera degli trenta al trentuno ottobre presso la chiesa del Carmine. I congiurati intendevano abbattere il giogo del Villamarina pur rispettando le istruzioni vigenti. Impadronitesi della città e della forza pubblica pensavano surrogare al Villamarina, nel governo della città, il Maggiore Gabriele Asquer, munire di doppia guardia il palazzo regio, e poi dar mano alla espulsione degli aborriti cortigiani ed ufficiali pubblici e al riordinamento della amministrazione dello stato. 4 settembre 1813: si proferisce sentenza di morte in contumacia contro il prof. Giuseppe Zedda da Terralba, l’avv. Francesco Garau da San Gavino, ed altri…. Francesco Garau, valente nell’avvocatura si riparò in Francia e fu sussidiato da Napoleone, allora imperatore, nel 1828 fu nominato professore di lingue straniere nel collegio comunale della città di Aix, dove insegnò gli idiomi italiani e spagnoli sino al 1837: dal queale anno in poi si limitò all’italiano. Chiarì la molta cognizione di questa lingue e della francesa colla grammatica da lui pubblicata col titolo “Nouvelle grammaire italien, elementarie et methodique. “ dalla quale fu fatta pure in Aix una seconda edizione nel 1840. nel 1848 ne andò a Torino per conseguire l’assesnso del suo governo per il suo rimpatrio. Scrisse al sac.