I programmi ci sono. Manca la volontà di realizzarli

Da Il Filo della Memoria 2.0 - Biblioteca Multimediale di San Gavino Monreale (VS).

Da "Il Messaggero Sardo", Anno VII n.5 del maggio 1975.


S. GAVINO

Il crollo della ciminiera ha bloccato l'attività della fonderia lasciando 450 operai in cassa integrazione

I programmi ci sono. Manca la volontà di realizzarli!

Così si sono espressi gli operai di fronte al disinteresse che circonda questa drammatica vicenda. Se infatti non si procede ad un immediato intervento l’attività dell’azienda (sulla quale vivono almeno tremila dei diecimila abitanti del paese) rischia di rimanere bloccata almeno per un anno

di Alberto Testa

L'articolo de "Il Messaggero Sardo"

Con il crollo della ciminiera avvenuto nel febbraio scorso e con l'esplosione che nei giorni scorsi ha gravemente danneggiato le strutture della canna fumaria superstite, il panorama dell'occupazione a San Gavino ha assunto un aspetto drammatico. Mentre si attende la costruzione di una nuova ciminiera (e un adeguamento tecnologico degli impianti) i cancelli della fonderia restano chiusi e 450 operai sono in cassa integrazione.

« Le prospettive per il futuro — dice Carlo Pilloni, del consiglio di fabbrica — sono legate alla reale volontà di realizzare i nuovi impianti. Le possibilità ci sono, soltanto per la nuova ciminiera è stato stanziato un miliardo e per ingrandire gli impianti c'è nel cassetto un programma dell'Egam che prevede un investimento di dodici miliardi. Al momento attuale però non si è visto nulla di concreto. Quello che manca perciò è la volontà politica di avviare i programmi e di realizzarli ». Finora si è andati attraverso interventi di piccola entità e naturalmente lacunosi poiché serviranno a risolvere situazioni particolari, prescindendo da un qualsiasi piano organico che servisse a potenziare gli impianti della fonderia per adeguarli alle esigenze del mercato. Con la produzione di trentatremila tonnellate di piombo all'anno, cinquanta tonnellate d'argento, trenta di bismuto e cinquanta chili d'oro, la fonderia di San Gavino assicura da sola la metà della produzione nazionale di piombo, la sua capacità deve però arrivare a centomila tonnellate annue per essere realmente competitive sul mercato. « Ci siamo incontrati anche con l'avvocato Einaudi — dice Giovanni Vacca del consiglio di fabbrica della fonderia. Siamo andati in delegazione a Roma, l'anno scorso, e ci ha assicurato che il piano di investimenti per dodici miliardi previsto per la nostra azienda sarebbe andato in porto. Ancora nulla però si è visto di questi progetti e la recessione è servita a giustificare anche queste inadempienze ». I programmi di rinnovamento esistevano perciò già prima che il crollo della prima ciminiera e la lesione della seconda rendessero indispensabili questi interventi. Il problema attuale è di vedere in quali tempi i responsabili dell'azienda intendono mandare avanti i programmi. Un blocco delle attività che si prolungasse per un anno, come è ventilato da più parti avrebbe conseguenze deleterie per l'economia di San Gavino che gravita in gran parte sulla fonderia. Su diecimila abitanti infatti almeno tremila vivono da questa fabbrica. Del resto le industrie di Villa cidro e le miniere di Montevecchio, che potrebbero rappresentare delle alternative, non vanno a gonfie vele. « Quello che bisogna ottenere — dice Salvatore Rescaldani, un tecnico della fonderia — è di far presto. Se si vuole, la chiusura dello stabilimento può durate un solo mese. Altrettanto decisamente bisogna respingere le mezze misure. In questo modo si è riusciti finora ad evitare i problemi e non a risolverli. Si deve pensare a riattivare gli impianti costruendo una nuova canna fumaria e non delle ciminiere provvisorie. I lavori preliminari per la costruzione della nuova ciminiera, i sondaggi per appurare la consistenza del terreno sono stati fatti, ora occorre accelerare la fase degli appalti e fare in modo che la costruzione inizi al più presto ». Bisogna salvare la fonderia; questa è la parola d'ordine che circola a San Cavino. Esistono responsabilità politiche ben precise che hanno impedito l'adeguamento degli impianti all'inevitabile logorio, ma questo è un punto che ora passa in secondo ordine. Quello che sindacati e partiti politici stanno cercando di ottenere in questi giorni, con trattative a tutti i livelli, è che il lavoro riprenda quanto prima. Per far ciò bisogna che gli impianti siano rimessi in grado di funzionare. Questo si può ottenere in un modo molto semplice. spendendo quei finanziamenti già concessi che ancora non si è riusciti ad utilizzare. Sembra semplice ma non lo è: quattrocentociquanta operai in cassa di integrazione lo stanno a dimostrare.