Giuseppe Altea

Da Il Filo della Memoria 2.0 - Biblioteca Multimediale di San Gavino Monreale (VS).
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Testimonianza dell’operaio della Fonderia di San Gavino Monreale Giuseppe Altea.


Presentazione Mi chiamo Giuseppe Altea, sono nato il 17.02.1921 a San Gavino M.le e quindi ho 84 anni. Ho cominciato a lavorare, in Fonderia nel 1938 sino 1940, quando allo scoppio della guerra, fui richiamato, dal 1940 al settembre 1943, a fare il servizio militare in Marina. Imbarcato in una nave appoggio della Regia Marina italiana, che navigava tra Napoli, Gaeta, La Spezia, Genova e la Grecia. Fortunatamente non dovuti affrontare combattimenti! Nel 1944 rientrai a lavorare in Fonderia sino al 1949, anno del mio licenziamento a causa della mia partecipazione allo sciopero. Cosa ricorda del suo inizio lavorativo in Fonderia? Ho cominciato la mia esperienza lavorativa in Fonderia come garzone di officina. C’erano dei “maestri”, cioè degli specialisti. Ognuno di questi seguiva perché apprendessero il mestiere due o più ragazzi, con la mansione di garzone.

In cosa consisteva il suo lavoro in officina?

Lavoravamo al tornio, io particolar modo alla fresa, in caso di guasto riparavo le macchine. A che età ha cominciato a lavorare in Fonderia? Ero un giovane di 17 anni. Come è riuscito, alla sola età di 17 anni, a farsi assumere in Fonderia? All’epoca la Fonderia era tra i lavori più ambiti! La mia ambizione era appunto di lavorarvi. Perché era un lavoro sicuro e duraturo, con un buon stipendio. Ciò era straordinario se si paragonava al duro lavoro delle campagne o a quello dell’edilizia. Per quanto riguarda la mia assunzione, mi iscrissi alle liste di collocamento in attesa che con l’aumentare della produzione nella Fonderia, fossero necessarie nuove braccia. Fui aiutato anche dall’organizzazione “Giovani Fascisti”, della quale facevo parte. Gran parte dei giovani, nel periodo fascista, erano inquadrati in diverse organizzazioni giovanili create per l’indottrinamento al regime. Cosa ricorda dell’ ambiente e della vita in Fonderia, nel lontano 1938? In Fonderia ricordo la presenza di diversi operai antifascisti, costretti al silenzio! Bastava un nonnulla perché la polizia politica intervenisse contro di essi, condannandoli al confino. Ricordo il caso di un operaio antifascista, un lavoratore esperto, che in occasione della morte, per incidente aereo di Bruno Mussolini, gli venne domandato cosa ne pensasse ed egli rispose con queste parole :<<Peccato che non sia morto il padre!>>. Dopo qualche giorno, a causa di una spiata, si ritrovo al confino. A parte questi problemi, lavorare in Fonderia, non solo durante il fascismo ma anche dopo la guerra (sino agli anni ‘60), costituiva un vero è proprio privilegio se confrontata, alla vita di stenti del contadino o di altre professioni. Disporre di un uno stipendio sicuro ogni mese, permetteva l’acquisto di vari beni di consumo, come cibo e vestiario; c’era inoltre la possibilità di farsi la casa attraverso una serie di agevolazioni economiche. Quasi tutti gli operai si erano fatti una casa. La Fonderia aveva inoltre costruito una serie di alloggi per i lavoratori, operai e impiegati, come il villaggio Sartori. Nel corso del tempo la sua mansione è cambiata? Era un lavoro particolarmente duro? Ho sempre lavorato in fabbrica. Ho fatto tutta la trafila sino a diventare operaio specializzato di quinto livello. Lavorare in officina alla manutenzione non era particolarmente pesante, ma si doveva essere sempre pronti in caso di un qualche guasto in modo che la produzione non subisse degli stop. Eravamo ben addestrati, sapevamo cosa fare e come intervenire celermente per porre riparo ai guasti. Quali cambiamenti sono intervenuti tra il suo primo periodo di lavoro in Fonderia, 1938-40, e il secondo al suo rientro dalla guerra? Nel 1940, allo scoppio della seconda guerra mondiale, sono stato richiamato nella Regia Marina. Quando sono rientrato a San Gavino M.le, intorno al 1944-45, l’ambiente interno alla Fonderia era notevolmente cambiato rispetto al periodo fascista. C’erano grandi novità: i Sindacati e gli scioperi per migliorare le condizioni dei lavoratori. La guerra in molti di noi giovani aveva portato ad una maturazione della propria coscienza politica e sociale. Certo durante il mio primo periodo di lavoro in Fonderia dal 1938-40, percepivo che alcuni gruppi di operai nutrivano un forte dissenso nei confronti del Regime. Ma un giovane come me non aveva gli strumenti e le conoscenze per una reale compressione politica e sociale, purtroppo eravamo stati inquadrati e indottrinati sia a scuola che attraverso varie organizzazioni giovanili e quindi per noi il duce aveva sempre ragione. Può descrivermi quali erano i rapporti tra gli operai, con gli impiegati e con la direzione? Mi permetta di precisare un punto fondamentale riguardo il rapporto degli operai antifascisti e i loro colleghi e la direzione. Per prima cosa voglio ricorda che tra operai antifascisti e gli altri, i rapporti sono sempre stati improntati al reciproco rispetto, molti di questi quando qualche gerarca veniva in visita in Fonderia o teneva qualche comizio in paese, si presentava spontaneamente in caserma. Lavoravano tranquillamente senza sbilanciarsi in propagande varie e in alcune occasioni la direzione interveniva a protezione di alcuni operai antifascisti che avevano avuto problemi a causa delle loro idee politiche. Nel dopoguerra, il rapporto tra operai erano buoni! Rari erano gli screzi e i litigi, mentre tra questi e gli impiegati e la direzione c’era una certa distanza. Si stava in una sorta di piramide a compartimenti stagni e questo anche dopo il lavoro in Fonderia. Cosa ha significato per lei lavorare in fonderia? Nonostante provenissi da una famiglia di modeste condizioni economica (mio padre era falegname) la Fonderia mi ha insegnato non solo a lavorare ma mi ha messo anche in contatto con “la modernità”, cioè mi ha fatto conoscere il mondo del lavoro della grande fabbrica. Ricordo che all’inizio del mio lavoro in azienda, guadagnavo due centesimi di lira all’ora. Dopo finito il turno la direzione aveva organizzato una specie di scuola di due ore al giorno per acquisire conoscenze che servissero a migliorare il nostro campo di competenza: se eri meccanico facevi meccanica, carpentiere carpenteria, etc. Gli insegnanti, a seconda del settore, erano i capi servizio, i periti industriali, periti elettrici e cosi via. Poi durante le lezioni veniva a visitarci il direttore della Fonderia che interrogava gli allievi operai, per capire a che livello erano giunti nelle conoscenze. Ricorda un evento particolare avvenuto in Fonderia, durante il periodo in cui lavorava ? Subito dopo la guerra ricordo la ripresa della produzione della Fonderia. L’ingegnere Rolandi aveva convocato un assemblea di tutti i lavoratori, parlandoci della ripresa imminente del lavoro ed esortandoci ad unirci a lui in questo sforzo e a lavorare seriamente perché solo cosi ci saremo assicurati il futuro del lavoro e lo sviluppo della zona. In quel momento ho provato un forte commozione e mi sono sentito parte di una grande famiglia.

Ricorda un evento negativo?

Il mio licenziamento. Perché è stato licenziato? L’azienda volle imporre il patto aziendale e i lavoratori della Fonderia organizzarono un referendum per l’adesione o meno alla proposta della direzione. Prevalsero i no. La direzione non fu contenta del risultato e contattando singolarmente ciascun lavoratore, invitandolo a firmare il patto aziendale offrendo un cospicuo aumento di stipendio di circa 10.000 lire. La gran parte degli operai accettò. Io e pochi altri che si erano fermamente opposti fummo licenziati. Fui costretto a cercarmi un altro lavoro! Dopo circa 20 anni, nel 1970, sono rientrato nuovamente in Fonderia sino al mio pensionamento avvenuto nel 1980. Cosa ricorda, nell’immediato dopoguerra, quali attività svolgeva il sindacato tra i lavoratori della Fonderia? Il sindacato dopo più di venti anni di assenza tornò ad operare tra i lavoratori della Fonderia, anche se all’esterno dell’azienda. Il sindacato era la C.G.I.L., che era il maggioritario tra gli operai. Dopo la vittoria della Democrazia Cristiana dell’aprile del 1948, il padronato lavorò per dividere il sindacato. Infatti poco dopo sorsero nuovi Sindacati come la C.I.S.L. e la U.I.L. Nonostante si eleggessero i delegati degli operai nella Commissione Interna, la direzione della Fonderia mantenne il più assoluto controllo della vita aziendale. Non voleva assolutamente “rompiscatole” tra i piedi. E’ questo provocò un risentimento tra operai e gli impiegati, i quali appoggiarono quasi all’unanimità le scelte della direzione. Perché fu indetto lo sciopero del 1949? Chi lo organizzo? Il motivo principale, come ho già precisato in precedenza, era impedire l’adozione da parte della Fonderia del patto aziendale e contro le gabbie salariali. Si era fatta propaganda attraverso volantinaggio e chiacchierate a tu per tu o in gruppo con gli operai. Come reagì alla notizia del suo licenziamento? Presi malissimo il licenziamento, l’alternativa era prendere le valigie ed emigrare! Stavo per partire per la Germania, ma un mio amico geometra mi propose di lavorare con lui al monte Arci e lì ho lavorato per circa 20 anni. In seguito mi è stata offerta la possibilità di rientrare a lavorare in Fonderia e ho immediatamente accettato. Chi ricorda tra gli uomini che hanno lavorato in Fonderia in particolar modo? Tra i dirigenti ricordo la figura del direttore Masoch, una persona molto alla mano con gli operai. Ma ricordo anche i “maestri” che ci avevano insegnato il mestiere, in particolar modo il maestro Bovini e il maestro Norfo, cagliaritano e fervente antifascista, con un grande ascendente presso i giovani lavoratori. Questi maestri avevano inoltre avuto esperienze lavorative all’estero come Svezia o Francia ed erano tenuti in grandissima considerazione dalla direzione. Un'altra grande personalità era quella di Arturo Tuveri, tra i primi operai ad essere assunti in Fonderia. Comunista persona preparatissima, fu eletto più volte come delegato per la C.G.I.L alla Commissione Interna. Nell’immediato dopoguerra, si era battuto perché i lavoratori della Fonderia avessero il medesimo contratto dei minatori e non quello dei metalmeccanici, in modo da non rimanere isolati in caso di grandi vertenze. Come mai operai antifascisti erano tollerati dalla direzione dell’epoca? Non avevano particolari difficoltà all’interno della Fonderia pur che si astenessero dalla propaganda politica e svolgessero al meglio il loro lavoro. Inoltre durante il periodo fascista erano presenti sia di giorno che di note all’interno dello stabilimento i Carabinieri, che gli operai avevano soprannominato la “settima delegazione”. La Fonderia è presente in questa zona da circa 72 anni. Ha scritto, nell’arco di questo periodo sia nel bene come nel male la storia di questo centro. Pensa che possa avere ancora un futuro? Purtroppo hanno eliminato la fusione lasciando solo la raffinazione e creando una coppia della produzione della Fonderia a Portovesme. Questa è stata una politica sbagliata! Ricordo che l’ing. Freni si batte aspramente contro questo progetto. La Fonderia di San Gavino M.le è stato un fatto di progresso non indifferente non solo per i sangavinesi ma per tutti gli abitanti del territorio circostante. Lo stipendio sicuro ogni mese ha permesso a molte della famiglie anche operaie di far studiare i propri figli sino all’università e ci ha messo in contatto con la civiltà moderna.

Intervista a Giuseppe Altea, rilasciata in data 10.03.2005